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Fractures du pilon tibial - 05/03/09

[44-878]  - Doi : 10.1016/S0246-0467(09)46220-2 
C. Dujardin a, , M. Goldzak b, P. Simon c
a Unité de chirurgie orthopédique, Clinique de la Présentation, 64 bis, rue des Fossés, 45400 Fleury les Aubrais, France 
b Service de chirurgie orthopédique et traumatologique, Nouvelle clinique de l'Union, boulevard Ratalens, 31240 Saint-Jean, France 
c Service de chirurgie orthopédique et traumatologique, Centre hospitalier Saint-Joseph-Saint-Luc, 20, quai Claude-Bernard, 69007 Lyon, France 

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Résumé

La chirurgie des fractures du pilon tibial a véritablement débuté vers la fin des années 1960 avec les travaux de Rüedi et Allgöwer. Jusqu'alors, le traitement des fractures du pilon tibial était essentiellement orthopédique. Depuis, les examens d'imagerie et les implants d'ostéosynthèse ont progressé permettant une prise en charge mieux adaptée. Le chirurgien orthopédiste traumatologue dispose dorénavant de nombreux matériels (vis, plaques, clous, fixateurs externes), mais les grands principes de la prise en charge énoncés alors restent d'actualité. Plus que dans n'importe quelle autre fracture, les parties molles jouent un rôle essentiel dans la réussite ou l'échec du traitement. Cette chirurgie reste une chirurgie complexe qui nécessite une prise en charge rapide mais également une planification du traitement dans le temps. Réservée, en théorie, à des opérateurs rompus à la traumatologie, elle doit cependant faire partie du bagage de tout chirurgien orthopédiste traumatologue qui, à un moment ou à un autre de sa carrière, y sera confronté.

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Mots clés : Fracture, Pilon tibial, Scanner, Ostéosynthèse, Parties molles


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