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Métastases cérébrales et leptoméningées des cancers solides - 01/01/99

[17-255-A-10]
Khê Hoang-Xuan : Chef de clinique-assistant
clinique neurologique France
Massimo Napolitano : Neuro-oncologue
Philippe Cornu : Professeur des Universités, praticien hospitalier
Service de neurochirurgie, bâtiment Babinski France
Jean-Yves Delattre : Professeur des Universités, praticien hospitalier
clinique neurologique, division Mazarin, service de neurologie (Pr Brunet), division Mazarin. Groupe hospitalier Pitié-Salpêtrière, 47-83, boulevard de l'Hôpital, 75013 Paris  France

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Riassunto

On estime que 25 % des patients souffrant d'un cancer développeront des métastases cérébrales. Les cancers du poumon et du sein représentent plus de la moitié des tumeurs d'origine. Le traitement des métastases cérébrales est palliatif. Il améliore près de trois patients sur quatre en prolongeant parfois la durée de vie, mais surtout en améliorant la qualité de vie. Dans la moitié des cas, le bénéfice persiste jusqu'au décès des patients, qui est lié le plus souvent à l'évolution de la tumeur primitive. L'extension systémique du cancer limite ainsi le bénéfice des traitements spécifiques des métastases cérébrales (chirurgie, radiothérapie) et souligne la nécessité de poser le problème du traitement des métastases cérébrales en termes de qualité de vie. La place de la chimiothérapie, qui a longtemps été tenue au second plan dans cette indication, mérite d'être réévaluée. La radiochirurgie constitue pour l'heure l'arme thérapeutique la plus prometteuse dans le traitement des métastases cérébrales ; son indication dans la stratégie thérapeutique reste à définir. Les méningites carcinomateuses compliquent l'évolution des cancers dans moins de 5 % des cas. Le pronostic demeure très sombre malgré un traitement combinant chimiothérapie et radiothérapie.

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  • Tumeurs cérébrales primitives de l'enfant
  • P. Chastagner, F. Doz, O. Klein, V. Bernier, E. Schmitt, G. Gauchotte, F. Fouyssac

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