Le teorie sulla dimensione psicologica della visita di dermatologia estetica suggeriscono raramente un aspetto essenziale dell'iter dei pazienti che giungono a visita: il ruolo decisivo dello sguardo degli altri come oggetto implicito della richiesta di cure estetiche. Mostrare il proprio corpo e guardare quello degli altri sono tuttavia due dimensioni fondamentali delle sfide soggettive che afferiscono al campo della dermatologia estetica. Su questo piano, l'incontro con lo sguardo dello specialista medico assume una dimensione introspettiva della più grande importanza. Dal momento che le fondamenta stesse dell'identità del soggetto sono messe in gioco nella sua richiesta, l'immagine sociale, anche se coinvolta, appare qui in secondo piano. Offrire allo sguardo dell'altro una superficie corporea indenne da qualsiasi segno che possa essere interpretato come indice di anormalità non è un desiderio così razionale come sembra a prima vista. Un giro d'orizzonte sull'universo soggettivo del paziente è a volte un passaggio obbligato, con il rischio, in caso contrario, di vederlo fare irruzione, in modo intempestivo, nei casi più complicati. Ciò che è tecnicamente possibile in questa specialità non coincide necessariamente con ciò che è preferibile per la persona che si presenta alla visita. Dal momento che la cute non è un organo come gli altri, la sua posizione di interfaccia tra il sé e gli altri porta a non intervenire su di essa se non dopo aver preso in considerazione quanto la persona che richiede l'intervento ha investito, della propria personalità soggettiva, su di essa, nelle sue dimensioni essenziali tanto consce che inconsce. Attribuendo tutta la loro importanza ai meccanismi psicologici classicamente descritti (Freud, Anzieu, Spitz), gli autori sottolineano la specificità dell'approccio psicologico, raccomandato dal legislatore in questo campo terapeutico.