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Il pensiero senza linguaggio - 18/03/11

[17-022-E-80]  - Doi : 10.1016/S1634-7072(11)59583-2 
D. Laplane  : Professeur honoraire
Hôpital Pitié-Salpêtrière, 47-83, boulevard de l'Hôpital, 75651 Paris cedex 13, France 

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Articolo archiviato , inizialmente pubblicato nel trattato EMC : Neurologia

Riassunto

La dimostrazione dell'esistenza di un pensiero senza linguaggio, un'evidenza per il neurologo, è solo rapidamente ricordata in questo articolo. La sua conoscenza è, tuttavia, utile per una migliore gestione dei pazienti afasici. Tuttavia, l'interesse principale dello studio di tale questione è una migliore comprensione del funzionamento del cervello nel suo insieme. Lo studio delle reti neuronali artificiali, stabilendo la possibilità di un trattamento non simbolico (senza parole) dell'informazione, fornisce una modalità plausibile del trattamento dell'informazione per il cervello, che vale, senza dubbio, per il pensiero senza linguaggio ma anche, probabilmente, per l'insieme delle funzioni cerebrali. Esso spiega un buon numero delle modalità d'errore dei pazienti cerebrolesi, cosa che l'ipotesi del confronto tra cervello e computer (utilizzato in modalità classica) non può fare. L'esistenza di un pensiero senza linguaggio restituisce a questo un riferimento che gli è necessario. Viceversa, se linguaggio e pensiero si identificano, il linguaggio diviene un codice autoreferenziale e una nozione molto difficile da comprendere. Senza pensiero senza linguaggio, la questione della semantica (ciò che dà senso al linguaggio) diviene insolubile. È anche interessante studiare le ragioni che, per due secoli, hanno impedito all'intelligentsia occidentale di accettare l'evidenza del pensiero senza linguaggio. L'ipotesi di un modo unico di trattamento dell'informazione contribuisce a spiegare la difficoltà che lo spirito umano avverte a separare assolutamente l'affettività, l'emozione e i pregiudizi da quello che crediamo facilmente appartenere alla logica e all'obiettività. La questione del pensiero senza linguaggio coinvolge il neurologo a diversi livelli. Dal punto di vista pratico, non è indifferente sapere che l'intelligenza degli afasici che si devono gestire non è necessariamente diminuita e che può anche essere normale. Questa comprensione può migliorare l'atteggiamento del medico, dell'insieme dei sanitari e di tutte le persone vicine verso questi pazienti il cui abbandono è, spesso, così drammatico. Essa può anche guidare l'atteggiamento dell'esperto per la scelta della migliore assistenza giudiziaria, tutela o curatela e, talvolta, guidare la scelta del curatore. Da un punto di vista più teorico, la responsabilità dei neurologi è particolarmente marcata perché solo essi hanno la conoscenza di tutti i fatti scientifici che rendono così evidente l'esistenza del pensiero senza linguaggio. Orbene, da due secoli, tutta l'intelligentsia filosofica e, più tardi, linguistica afferma il contrario: non vi è un pensiero senza linguaggio. Questa base erronea è evidentemente la causa di ciò che si può chiamare il fallimento della linguistica in quella che fu, un tempo, la sua ambizione: fornire la chiave della semantica. Si vedrà perché l'assenza di pensiero senza linguaggio trasformi il linguaggio in codice autoreferenziale, impedendo di capire come il senso viene al linguaggio e viceversa e a quale punto il riferire il linguaggio a un pensiero in gran parte elaborato chiarisce tale questione tanto a lungo rimasta enigmatica. In maniera ancora più generale, può essere interessante meditare su questo errore unanime.

Il testo completo di questo articolo è disponibile in PDF.

Parole chiave : Pensiero senza linguaggio, Rapporto linguaggio-pensiero, Afasia, Reti neuronali artificiali


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