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Maladie de Waldenström ou macroglobulinémie - 22/01/14

[13-013-E-10]  - Doi : 10.1016/S1155-1984(13)62455-3 
V. Leblond a, b,
a Service d'hématologie, UPMC Paris 6, Hôpital Pitié-Salpêtrière, AP-HP, 47, boulevard de l'Hôpital, 75013 Paris, France 
b Groupes de recherche clinique « hémopathies lymphoïdes » GRC 11 (Grechy), Paris, France 

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Riassunto

La maladie de Waldenström est un syndrome lymphoprolifératif chronique caractérisé par une infiltration médullaire par des lymphocytes, lymphoplasmocytes et plasmocytes qui sécrètent une immunoglobuline (Ig) M monoclonale. La délétion du bras long du chromosome 6, anomalie cytogénétique la plus fréquente, est observée chez un tiers des patients. Une mutation somatique récurrente (MYD88 L265P) est observée dans 90 % des cellules tumorales. Un tiers des patients est asymptomatique au diagnostic et ne doit pas être traité. Les manifestations cliniques sont liées à l'infiltration tumorale (cytopénies) et/ou aux propriétés physicochimiques ou autoanticorps de l'IgM. La médiane de survie est de cinq à huit ans selon les études, mais 20 % des patients survivent plus de dix ans, et 10 à 20 % meurent d'une autre cause. Le traitement n'est institué que chez les patients symptomatiques et repose sur les agents alkylants, les analogues de purines, le bortézomib et le rituximab. Pour les patients en bon état général, l'association d'un anticorps monoclonal et d'une chimiothérapie (alkylant, analogue des purines) ou d'un inhibiteur du protéasome (bortézomib) est le traitement de référence. L'autogreffe ou l'allogreffe sont réservées à des patients jeunes, avec un pronostic défavorable.

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Mots-clés : Maladie de Waldenström, IgM monoclonale, Activité anticorps, Immunochimiothérapie, Abstention thérapeutique, Neuropathie


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