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Néoplasies intraépithéliales de la vulve - 07/05/15

[510-A-25]  - Doi : 10.1016/S0246-1064(15)56335-4 
A. Nazac, MD, PhD a, , C. Louis-Sylvestre, MD b
a Service de gynécologie obstétrique, CHU Bicêtre, 78, rue du Général-Leclerc, 94270 Le Kremlin-Bicêtre, France 
b Département mère-enfant, Institut mutualiste Montsouris, 42, boulevard Jourdan, 75014 Paris, France 

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Riassunto

Les néoplasies intraépithéliales de la vulve (VIN) sont souvent mal connues des praticiens. La dernière classification de l'International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) date de 2004 et ne parle de VIN qu'en cas de dysplasie sévère. On distingue les dysplasies d'origine virale (human papilloma virus [HPV]) que l'on nomme VIN communes, les plus fréquentes ; et celles d'origine non virale, dites « différenciées », essentiellement développées sur lichen scléreux. Il existe deux principaux tableaux cliniques pour les VIN communes d'origine virale qui sont la maladie de Bowen (femme âgée) et la papulose bowenoïde (femme jeune). L'examen vulvaire devrait idéalement se faire sous colposcopie et toute lésion atypique justifie une biopsie. En cas de lésion d'origine virale, il faut systématiquement penser à explorer le col et le vagin sous colposcopie ainsi que l'anus. L'évolution vers un cancer de type carcinome épidermoïde n'est pas fréquente, mais cette possibilité justifie des biopsies, une surveillance et un traitement adapté. Le traitement repose sur trois options qui sont : le laser en cas de lésion non suspecte confirmée à la biopsie, la chirurgie en cas de lésion suspecte à la biopsie ou cliniquement, l'imiquimod pour les lésions non suspectes d'origine virale.

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Mots-clés : Néoplasie intraépithéliale de vulve, Carcinome épidermoïde, Colposcopie, Biopsie, Surveillance, Traitement


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