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Diagnostic prénatal par prélèvement de sang maternel - 01/01/05

[5-031-A-40]  - Doi : 10.1016/S0246-0335(05)41333-2 
J.-M. Costa a, , A. Benachi b
a Laboratoire de biologie moléculaire, Centre de diagnostic prénatal, Hôpital américain de Paris, 63, boulevard Victor-Hugo, 92200 Neuilly-sur-Seine, France 
b Maternité, Hôpital Necker-Enfants Malades, Centre de Diagnostic Prénatal, Université Paris V 

*Auteur correspondant.

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Résumé

La présence d'acide désoxyribonucléique (ADN) foetal libre circulant dans le plasma (ou le sérum) maternel a été mise en évidence par Lo et al., en 1997. En 2002, cet ADN foetal devient un outil de diagnostic prénatal. Les origines de cet ADN se précisent et les cellules trophoblastiques en sont probablement la source principale. Contrairement aux cellules foetales circulantes qui sont également étudiées comme possible alternative, mais dont l'analyse se heurte à des problèmes d'isolement et d'enrichissement préalable, l'ADN foetal circulant est assez facilement mis en évidence par des techniques d'amplification génique. Les deux principales indications de cette approche non invasive de diagnostic prénatal sont, pour l'instant, la détermination du sexe foetal et la détermination du génotype RHD foetal. Ces nouvelles possibilités ont dès à présent modifié la prise en charge des femmes enceintes conductrices d'une maladie génétique liée à l'X en réservant les biopsies de trophoblaste aux seules patientes portant un foetus de sexe masculin. Par ailleurs, la possibilité de déterminer le statut RHD foetal doit permettre de mieux cibler la prophylaxie anti-D et de la réserver aux seules patientes à risques, c'est-à-dire celles dont le foetus est Rhésus positif. D'autres applications plus rares sont également possibles mais restent pour l'instant du domaine de la recherche.

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Mots clés : ADN foetal, Cellules foetales, Sang maternel, Diagnostic prénatal non invasif

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