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Thrombocytose : conduite à tenir au laboratoire - 22/08/12

[90-15-0125-G]  - Doi : 10.1016/S2211-9698(12)56844-5 
J. Bruge-Debreu : Praticien Hospitalier, A. Charpentier  : Maître de conférences des Universités à la Faculté libre de médecine de Lille, praticien hospitalier, chef de service
 Service d'hématologie biologique, Hôpital Saint-Philibert, Groupe hospitalier de l'Institut Catholique de Lille, 115, rue du Grand-But, BP 249, 59462 Lomme cedex, France 

Auteur correspondant.

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Riassunto

La découverte d'une thrombocytose est une situation fréquente au laboratoire de biologie médicale. Le rôle du biologiste est alors très important pour conseiller le clinicien dans la démarche étiologique, ainsi que pour évaluer un éventuel risque thrombotique ou hémorragique. Dans la grande majorité des cas (90 %), les thrombocytoses sont réactionnelles, consécutives à une pathologie sous-jacente (carence martiale, cause inflammatoire, etc.). Les thrombocytoses non secondaires, beaucoup plus rares, correspondent à un syndrome myéloprolifératif chronique (thrombocytémie essentielle, polyglobulie primitive, myélofibrose primitive, leucémie myéloïde chronique). À côté du bilan étiologique, l'un des enjeux consiste à évaluer et prendre en charge un éventuel risque thrombotique ou hémorragique.

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Mots-clés : Thrombocytose, Thrombocytose secondaire réactionnelle, Syndrome myéloprolifératif, Thrombocytémie essentielle, Jak2, Thrombose


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