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Shock cardiogeno - 20/11/12

[36-840-C-10]  - Doi : 10.1016/S1283-0771(12)63258-7 
R. Pirracchio
Service d'anesthésie-réanimation, Hôpital européen Georges Pompidou, Université Paris V, Unité INSERM UMR-S717, Hôpital Saint-Louis, 1, avenue Claude-Vellefaux, 75475 Paris cedex 10, France 

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Articolo archiviato , inizialmente pubblicato nel trattato EMC : Anestesia-Rianimazione e sostituito da un altro articolo più recente: cliccare qui per aprirlo

Riassunto

Lo shock cardiogeno si può definire come un'insufficienza circolatoria il cui primum movens è lo scompenso cardiaco, che esso sia sinistro, destro o globale. Malgrado ciò, appare sempre più chiaramente che questa insufficienza è rapidamente responsabile di un'attivazione della cascata infiammatoria di risposta sistemica, responsabile di una complessificazione e di una cronicizzazione dell'insufficienza. Il quadro di presentazione clinica è di gravità variabile e mentre comprende, per definizione, la presenza di segni di insufficienza d'organo, l'esistenza di un edema polmonare (EP) è incostante e dipenderà dal grado di alterazione della funzione ventricolare destra. Gli obiettivi principali si articolano intorno a tre punti: gestione precoce, trattamento eziologico e ottimizzazione emodinamica. Quest'ultimo punto fa, in genere, ricorso in primo luogo a una prova di riempimento vascolare, seguita da un ricorso agli inotropi e, quindi, ai vasocostrittori, in caso di insuccesso. Questa strategia dovrà essere guidata al meglio da un monitoraggio adeguato nel quale la ScvO2 abbia, senza dubbio, un posto importante. Infine, il ricorso agli inotropi dovrà sempre portare a prendere in considerazione una strategia di svezzamento precoce dalle catecolamine, che, se si rivela impossibile, deve far ipotizzare il ricorso alle metodiche di assistenza circolatoria.

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Parole chiave : Fisiopatologia, Saturazione venosa, Inotropo, Levosimendan, Trattamento eziologico, Assistenza circolatoria


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