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ADN : études génétiques en vue du diagnostic de maladie de Wilson - 30/05/07

[90-10-0060]  - Doi : 10.1016/S0000-0000(06)47794-9 
P. Chappuis a : Praticien hospitalier, J. Callebert a : Professeur des Universités, praticien attaché, F. Woimant b : Praticien hospitalier
a Service de biochimie et biologie moléculaire, Hôpital Lariboisière, 2, rue Ambroise-Paré, 75475 Paris cedex 10, France 
b Service de neurologie, Hôpital Lariboisière, 2, rue Ambroise-Paré, 75475 Paris cedex 10, France 

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Articolo archiviato , inizialmente pubblicato nel trattato EMC : Biologie médicale

Résumé

En complément des arguments biologiques comme les dosages de cuivre sérique et urinaire et celui de la céruloplasmine, le diagnostic génétique de la maladie de Wilson peut apporter la preuve décisive de cette affection autosomique récessive curable en faisant appel à deux stratégies différentes. Un dépistage familial indirect est pratiqué pour diagnostiquer la maladie dans la fratrie d'un sujet atteint. La stratégie consiste à faire appel à des marqueurs de type microsatellites juxta- ou intragéniques qui, amplifiés pour chacun des membres de la famille, permettent d'aboutir à un diagnostic de quasi-certitude. Un diagnostic direct, à la recherche des deux mutations causales est réalisé par SSCP ou dHPLC suivi d'un séquençage des exons trouvés anormaux (le gène Wilson comprend 21 exons). En pratique, les mutations causales sont retrouvées pour environ 80 % des malades.

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Mots clés : Maladie Wilson, ATP7B, Céruloplasmine


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